Scrive Nietzsche: “Vogliono la regola, perché essa toglie al mondo il suo aspetto pauroso. La paura dell’incalcolabile come istinto segreto della scienza”. Non è certo sfuggito ai cultori delle scienza psicologiche e alle persone in percorso psicoanalitico o psicoterapeutico la rispettività di una discussione sulla validità scientifica della psicoanalisi,. Migliaia di psicoanalisti, spesso molto intelligenti, che hanno camminato sulle spalle di persone geniali con formazioni serie, impegnative, lunghe, costose, molti con titoli universitari di alto livello, in campo psichiatrico e psicologico, in vari continenti, devono sentirsi dire da un “esterno” che cosa dovrebbe fare la psicoanalisi per essere scientifica. All’allargamento degli spazi mentali proprio di chi lavora, in rapporto interpersonale, l’inconscio, c’è chi sente il bisogno difensivo (e invidioso?) di porre delle restrizioni, in nome della misurazione. Perché è così difficile accettare che l’essere umano è fatto di conscio e incoscio? E che il mondo inconscio notturno (sogni) e diurno (sogni ad occhi aperti, lapsus, sintomi) ha una logica (o illogica) diversa dal pensiero razionale? È così difficile da accettare, che la psicoanalisi non possa essere ristretta nell’ambito medico )ove peraltro io “professo”) e che alla medicina dell’evidenza, così cara a chi si presta all’industria del malato e del farmaco, persone motivate possano preferire di andare a vedere che cosa si nasconde dietro l’opacità di un sintomo? La neuroscienza (Kandel, Edelman, Tononi, Mancia) confermano la non separazione tra mente e cervello, e si può ormai dimostrare che le emozioni attivano aree del cervello. Psiconeuroendocrino etc. La psicoanalisi è scienza e co-scienza dell’interiorità profonda, per armonizzare conscio e inconscio, in ciò illuminando la cultura in generale, l’arte e anche la psicosomatica e la psicopatologia. Grazie dell’attenzione, sperando in un sapiente commento. Ermes Oralndelli Non so quanto sapiente è il commento, ma non capisco perché gli psicanalisti si lasciano intimorire quando si muove loro l’accusa che la loro pratica non è scientifica. Certo che non è scientifica. E allora? C’è chi crede davvero che tutto l’universo umano si lasci risolvere nelle ipotesi scientifiche? Ribellarsi a questa pretesa fu per primo il più grande psicopatologo del Novecento Karl Jaspers, il quale fece notare che la scienza procede per ipotesi anticipate che, quando sono verificate, vengono assunte come leggi. Non leggi eterni, ma leggi che valgono finché non si trovano ipotesi in grado di fornire maggiori spiegazioni. Ne segue che la scienza è un sistema ipotetico che non dice cose vere, ma semplicemente cose esatte, cioè ottenute da (ex-actu) ipotesi anticipate. Per cui, scrive Jasper nella sua Psicopatologia generale: “E’ possibile spiegare qualcosa senza comprenderlo, perché ciò che viene spiegato è semplicemente ricondotto a ciò che è stato anteriormente supposto”. Dopo Jaspers, il filosofo Edmund Husserl denuncia l’impossibilità per la psicologia di costituirsi come scienza, perché il metodo scientifico procede per oggettivazioni, ma se la psicologia oggettiva l’uomo ne perde la soggettività, che invece è il suo tema specifico, per cui, conclude Husserl, “la soggettività non può essere conosciuta da nessuna scienza oggettiva”. Diciamo allora che la psicoanalisi non è una “scienza esatta” ma, come ci ricorda Hans Georg Gadamer, una “scienza ermeneutica”, regolata non dalla sperimentazione oggettiva, ma dall’interpretazione. Del resto, avendo a che fare con l’irrazionale, che la psicoanalisi chiama inconscio, come potrebbe procedere coi metodi della razionalità scientifica?
Ma se la psicoanalisi non è una scienza esatta, ma arte dell’interpretazione, gli psicoanalisti devono smettere di usare la parola “clinica” quando esaminano i loro “casi clinici”, perché la clinica appartiene alle scienze esatte, i cui risultati sono frutto di sperimentazioni che devono dare gli stessi esiti in qualunque luogo, in qualunque tempo e da chiunque questa sperimentazione venga effettuata. E siccome la psiche muta con la storia collettiva e individuale, non è possibile formulare leggi generali per casi che sono sempre particolari. Del resto già Aristotele avvertiva che “dell’individuale non c’è sapere”. Per cui la psicoanalisi, invece di difendersi dall’accusa di non essere scientifica, dichiari esplicitamente di non essere una scienza esatta, perché l’uomo è irriducibile all’esattezza scientifica. di Umberto Galimberti - D la Repubblica 2 giugno 2012 Home page > Etno-antropologia e letteratura > |
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