Ipazia d'Alessandia, filosofa e scienziata martirizzata dal fanatismo

Una donna su un carro percorre le strade di Alessandria d'Egitto per fare ritorno a casa. Un gruppo di monaci cristiani la sorprende, la tira giù dal mezzo, la trascina fino ad una chiesa, fa del suo corpo macelleria, uccidendola con bastoni e cocci e poi smembrandola. Infine quegli stessi uomini sulla carta, di fede, prendono i miseri resti sanguinolenti e li bruciano per cancellare ogni traccia.
E' la sorte toccata a Ipazia, la filosofa e scienziata vissuta tra il IV ed il V secolo. Il suo caso costituisce uno dei più efferati femminicidi di matrice cristiana della storia. La vicenda è raccontata da Gemma Beretta in Ipazia d'Alessandria (Editori Riuniti/University Press, pp. 320 € 20). Questo libro è una scrupolosa ricostruzione storica della vita e delle idee della martire del paganesimo e della libertà di pensiero, supportata da un uso approfondito delle fonti antiche. Beretta sottolinea che l'omicidio maturò nell'ambito della lotta per la supremazia tra pagani e cristiani da un lato e del prevalere del potere cosidetto <<spirituale>> su quello temporale dall'altro, inteso come <<scontro senza mediazioni tra il potere ecclesiastico locale e il potere civile cittadino>>.
Il fulcro del conflitto nel V secolo fu Alessandria, centro della cultura pagana e dunque <<laica>>, cioè un barile di polvere da sparo in cui bisognava solo innescare la miccia. In corso epocali cambiamenti geopolitici che porteranno alla caduta dell'Impero romano d'Oriente (come la sconfitta di Adrianopoli, nell'odierna Turchia, del 378) e la supremazia del Cristianesimo.
Il primo evento che ne sancì l'affermazione fu l'Editto di Milano del 313, dell'Imperatore Costantino I: stabiliva la libertà di culto, interrompendo le persecuzioni contro i cristiani, ma di fatto privilegiava la loro religione a scapito delle altre. Poi il concilio di Nicea del 325 formulò i fondamenti dell'ortodossia cristiana.
L'Editto di Tessalonica del 380 dichiarò il Cristianesimo la religione ufficiale dello Stato nella forma definita <<cattolica>>. Inoltre riconosceva il primato delle sedi episcopali di Roma e di Alessandria in mteria di teologia. E questo atto inaugurò una specie di <<soluzione finale>> per il paganesimo con i decreti teodosiani emessi tra il 391 e il 392 (il primo dei quali firmato da Teodosio a Milano) e ispirati da Ambrogio. Infatti, scrive Beretta, <<rientravano nella politica di scambio tra Chiesa e Impero>> inaugurata proprio dai due. Cominciò la distruzione dei templi pagani insieme alle persecuzioni e prese slancio la filosofia cristiana con Agostino.
Qui si inserisce la storia di Ipazia, nata ad Alessandria e figlia di Teone, uno dei più grandi matematici dell'antichità. Lei stessa, educata dal padre, divenne un punto di riferimento non solo nella filosofia, ma anche nell'astronomia, assurgendo a terza grande scuola del platonismo dopo Platone e Plotino.
Ma il suo insegnamento rivolto a tutti, la sua cultura, il fatto che a lei chiedesse consiglio il prefetto romano Oreste, la fecero emblema di un ideale di vita e di politica antitetico alla visione degli episcopi, basato <<piuttosto che sul potere che viene dall'essere anello di una scala gerarchica, sull'autorità che viene dall'intelligenza sul mondo e dal coraggio nell'esporsi>>.
La prese di mira il vescovo Cirillo, che la riteneva responsabile della sua mancata riconciliazione con Oreste. E di fatto ispirò lo scempio che nel 415 di lei fecero i monaci, in realtà <<corpo di polizia degli episcopi>>. Un delitto atroce, rimasto impunito, e di cui sarebbe il caso ora, anche se a secoli di distanza, di riconoscere le responsabilità morali.

di Massimiliano Chiavarone - Corriere della Sera del 02/06/2014