Giordano Bruno: per favore ripartiamo dal filosofo


"Tra le sue disgrazie postume, gli storici revisionisti. Per fargli giustizia, leggiamo ciò che scrisse". "Lo si ricorda più come una vittima dell'Inquisizione che non come uno dei più grandi geni dello storia. Eppure, Galileo e Keplero saccheggiarono le sue opere"

Domani, 17 febbraio, ricorre il quarto centenario della morte di Giordano Bruno. "Eretico pertinace", "con la lingua in giova (soggiogata), per le bruttissime parole che diceva", "preferì, circondato da secche fascine, venir bruciato vivo da divampante fuoco". Così parlano le carte dell'epoca. E quel rogo del 1600, che simbolicamente segna il massimo tentativo della Chiesa cattolica di esorcizzare il nascente pensiero moderno, ancora divampa nelle menti se, come è previsto, attorno a quella data, dopo quattro secoli, si affastelleranno convegni, commemorazioni, manifestazioni, tutti con molta passionalità dentro. Dodici anni complessivi nelle carceri dell'Inquisizione e una fine tanto orrenda che si fa fatica anche a immaginarla, rendono Bruno il simbolo estremo della forza del libero pensiero e parallelamente dell'intolleranza religiosa. In questi giorni però la Chiesa ha condannato l'uso del rogo, confermando il suo giudizio sulla figura di Bruno. Chiedere perdono sarebbe stato un gesto di grande valore formale (com'è già avvenuto per Galilei), ma non avrebbe ridotto le ragioni profondissime del conflitto, perché certamente la Chiesa non potrà intaccare l'armamentario ideologico che in tempi differenti portò, come logica conseguenza rigorosa, a quella tremenda condanna. Non è un caso che il Papa quasi in ogni occasione accusi il relativismo come fonte di tutti i mali. E Bruno fu tra i primi veri grandi relativisti. Siamo andati a trovare Anacleto Verrecchia, che di Bruno sa tutto: per un decennio ha ripercorso passo passo le sue tracce in tutt'Europa. Ne è sortito un volume biografico di più di 400 pagine, stampato da una casa editrice austriaca, Boehlau, che presto è diventato in Europa un testo di riferimento.
- In tedesco?
"Certo, perché questo è un paese impretagliato", sospira il battagliero autore. "Eppoi, c'è da ricordare che i primi a rivalutarlo furono proprio i tedeschi alla fine del '700. Il giudizio più profondo l'ha dato Schopenhauer quando ha scritto che tra tutti i filosofi Bruno è l'unico che si avvicini a Platone".
- Anche in Italia Bruno sta conoscendo una crescente rivalutazione.
"Sì, se ne parla anche in Italia, e molto, ma tra le disgrazie postume toccate a Bruno c'è anche quella d'essere finito nella mani dei pedanti e degli accademici, due categorie di persone da lui tanto detestate".
- E' uscito ora un volume di Saverio Ricci.
"Me le sono lette tutte le 650 pagine. Il libro è pizzoso e affoga Bruno in un mare di digressioni.
Mi fa venire in mente l'aforisma di Lichtenberg contro quelli che sono solo abili a ricavare un libro nuovo da un paio di libri vecchi".
- Lo stanno sponsorizzando i Gesuiti e i cardinali.
"Lo credo, infatti Ricci intinge la penna nell'acqua santa".
- Sarebbe stato auspicabile un "pentimento" del Papa?
"Non mi piace vedere la gente in ginocchio, anche se si tratta di gente di Chiesa. Però non sarebbe male che il Papa andasse a deporre un mazzo di rose sotto la statua a Campo de' Fiori, e in silenzio".
- Anche se forse farà riferimento ai roghi, come può, il Papa, accettare la cosmogonia di Bruno?
"Certamente non lo può fare, perché altrimenti gli cadrebbe tutto addosso. La teoria di Bruno, secondo la quale l'universo è eterno, esclude l'idea di un Dio creatore, si avvicina semmai al buddismo. Bruno esce completamente dal cristianesimo e dal teismo. E proprio questo gli fruttò il rogo. È da poco che la Chiesa è diventata così sentimentale. Il peggiore fanatismo infatti è quello delle religioni monoteiste. E lo si capisce facilmente: un Dio unico è geloso. Ancora nel secolo scorso in Italia, quando nel 1889 fu inaugurato il monumento a Bruno, il Vaticano non reagì con stile ed eleganza. Papa Leone XIII, che conferiva con lo Spirito santo e civettava con le Muse vantandosi di conoscere i classici e le opere di Galilei, inviò una lettera d'ammonimento da leggere a tutti fedeli in cui Bruno veniva diffamato in maniera vergognosa. In seguito, il Vaticano arrivò addirittura a pretendere la distruzione di quel monumento. Ma il capo del governo italiano dell'epoca, Mussolini, rispose picche. Il Papa allora reagì in modo ancora più meschino, proclamando santo il cardinale Bellarmino, uno dei più truci ed ottusi giudici di Bruno".
- I fatti sono duri come pietre, ma pure per la vicenda di Bruno non mancano storici negazionisti.
"Gli storici revisionisti sono preti di complemento, che per me sono ancora peggiori dei chierici veri: come si può scrivere che l'Inquisizione non amava versare il sangue e preferiva salvare le anime? Come si può occultare che anche quelli che abiuravano finivano quanto meno sulla forca o sul rogo? Al massimo venivano strangolati prima. Che gentilezza da parte di una religione che si spaccia per messaggera d'amore".
- Basti pensare al fatto che, se con Bruno s'inaugurò il Giubileo del 1600, nello stesso anno tale Francesco Moreno non resistette alle "pressioni", chiese perdono a Dio e si comunicò "con grande devozione": ciononostante, pochi minuti dopo, fu portato "in Ponte, dove ivi fu appiccato e abrugiato". Simile la fine di Servadio Ebreo, "appiccato" il 25 giugno "a piazza Giudea", solo perché ebreo.
"Bruno fu la vittima più illustre ma non l'unica, una moltitudine, prima e dopo di lui, fu sacrificata sull'altare del Dio cristiano. Penso a Vanini, un altro filosofo che fu ucciso in maniera ancora più atroce. Spesso mi capita di leggere che la Chiesa fece di tutto per salvare Bruno e che il processo non ebbe nulla d'illegale. Già. Che c'è di legale nel bruciare vivo un filosofo solo perché aveva il vizio di pensare? Ho l'impressione che negli scritti degli apologisti colti la pazzia vada a braccetto con la malvagità. Già il processo d'eresia in sé è qualcosa di diabolicamente mostruoso. Nessuno può sapere quali sevizie gli siano state inflitte durante i sette anni nel carcere dell'Inquisizione romano, più uno nelle carceri veneziane. Che sia stato torturato è sicuro, perché affiora da un documento".
- Siamo in presenza di un paradosso: l'orrore del rogo colpisce talmente l'immaginazione che oscura lo straordinario valore delle idee di Bruno.
"Questo pericolo c'è. Un'altra disgrazia che è toccata a Bruno è d'essere considerato più vittima dell'Inquisizione che non filosofo. Dobbiamo renderci conto che ci troviamo di fronte a uno dei più grandi pensatori della storia umana. In questi giorni la rivista Sterne und Weltraum del Max Planck Institut dedica un denso saggio di dieci pagine per mettere in risalto le sue strabilianti intuizioni in campo cosmologico". - Si sa che Bruno superò l'intuizione di Copernico che la Terra non fosse al centro del sistema solare, e arrivò a capire che lo stesso Sole non era al centro dell'universo. Un filosofo ha detto molto bene che Bruno condensa in sé la non indolore nascita della modernità. Ma vi sono altri esempi più specifici? "Certo, sostenne per primo che le stelle fisse erano dei soli; che dopo Saturno, allora considerato l'ultimo pianeta, ce ne erano altri; che i pianeti si muovono tanto più lentamente quanto più distano dal Sole; che tutti i corpi celesti ruotano sul proprio asse; che la Terra è appiattita ai poli. E questo prima di Galilei e senza cannocchiale. Lo sa che Galilei e Keplero saccheggiarono le sue opere senza neppure nominarlo? Vuole altro?".

di Enzo Marzo - Corriere della Sera 16 febbraio 2000