Paleoantropologia moderna: fruttarismo sostenibile

La paleoantropologia è la scienza che studia l’origine della specie umana (da “paleo”= antico, “antropos”= uomo e “logia”= scienza).
Se vogliamo studiare l’origine della specie umana è importante conoscere la materia di cui è costituito l’universo e di cui è formata quindi anche la vita stessa.
Tramite l’astrofisica sappiamo che l’universo si è formato circa 14 miliardi di anni fa e fin da subito si è basato sulla fisica dell’idrogeno, elemento che costituisce ancora oggi il 99% della materia di cui è composto l’universo e di cui è costituito quindi anche l’uomo.

Circa 5 miliardi di anni fa si forma il sistema solare e circa 4 miliardi di anni fa nasce la vita sul nostro pianeta.

Le prime forme di vita erano batteri che, per produrre energia, usavano la formula chimica: H2O+CO2=C6H1206+02 (acqua+anidride carbonica=glucosio+ossigeno), questa formula chimica, considerata nella sua reversibilità, rappresenta il ciclo H (ciclo dell’idrogeno), ed è lo stesso ciclo di base con cui funzionano anche tutti i sistemi stella-pianeta (ovviamente questi ultimi solo in termini di ioni idrogeno H+).

La vita è quindi una sorte di “traduzione organica” del ciclo H; i primi batteri autotrofi (vegetali), prendevano acqua e anidride carbonica e con essi creavano glucosio e ossigeno, come fanno ancora oggi gli alberi fruttiferi (emettendo ossigeno nell’atmosfera e accumulando glucosio e fruttosio nel frutto), i batteri eterotrofi (animali) invece si nutrivano con il glucosio bruciandolo con l’ossigeno e riemettevano i prodotti di combustione: anidride carbonica e acqua, come fanno ancora oggi i primati fruttivori.

La biochimica di base della vita quindi è nata fruttariana sin dalla sua origine, e il fruttarismo pluricellulare dei primati è l’espressione organica macroscopica del ciclo H, che a sua volta esprime il principio fisico della minima energia (la naturale tendenza della vita all’evoluzione, che è caratterizzata da una situazione di minimo sforzo e massima resa); “carnivorismo”, “granivorismo” ed “erbivorismo” non sono mai esistiti per oltre 3,5 miliardi di anni,
la stessa fagocitosi (la capacità di un’organismo vivente di mangiarne un’altro o una sua parte vitale, vegetale o animale) si è sviluppata solo 0,5 miliardi di anni fa. Questo fenomeno viene detto devianza H (in quanto esprime una deviazione dal ciclo H con cui si è formata la vita) e dipende da una variazione ecosistemica. Le specie coinvolte in questo fenomeno tendono sempre al riassetto H (ripristino del naturale ciclo H): per esempio (sempre partendo da osservazioni in ambiente naturale ed ecosistema idoneo alla specie in questione) un carnivoro consuma anche semi,verdura e frutta, il granivoro consuma anche verdura e frutta e l’erbivoro consuma anche frutta; facendo ciò inoltre hanno effetti salutistici superiori a quando consumano il loro cibo specie-specifico, mentre non è vero il contrario: cioè un fruttivoro non consuma verdura,semi e carne, un erbivoro non consuma semi e carne e un granivoro non consuma carne, ma nel caso vengono forzati a farlo (sempre per una variazione ecosistemica), subiscono delle conseguenze estremamente negative, come ad esempio il fenomeno della mucca pazza dovuto a farine animali date in pasto ad erbivori.
Circa 60 milioni di anni fa le piante cominciarono ad appendere fuori dalla loro struttura vitale, come cibo destinato agli animali, un sacchetto di carboidrati sporgente dai suoi rami: era nato quello che oggi definiamo frutto; le piante di questo tipo sono dette spermatofite angiosperme dicotiledoni a frutto polposo. Sempre 60 milioni di anni fa nacquero in coevoluzione con queste piante, i primati che si cibavano di questi frutti, i quali si specializzarono nella locomozione arboricola e semi-eretta e gli arti divennero prensili acquisendo la forma del frutto da raccogliere. In questo modo si rispecchiava a livello pluricellulare il fruttarismo batterico delle origini della vita e il principio fisico della minima energia: con un minimo consumo di energia le piante non dovevano più difendere le loro parti vitali dagli animali predatori e agli animali fruttivori bastava allungare un braccio per mangiare.

I nostri progenitori frugivori (da “fruges”= frutta e parti tenere di vegetali) risalgono a circa 15 milioni di anni fa e vivevano nelle foreste ad alto fusto dell’africa equatoriale orientale, 12 milioni di anni fa circa divennero esclusivamente fruttivori, ma la differenziazione definitiva della specie umana avvenne 7 milioni di anni fa per effetto del sollevamento orogenetico della (Great) Rift Valley  nella sua area equatoriale (Kenya) fino a oltre 800 metri di altitudine. Questo provocò la differenziazione del genere vegetale delle Rosacee della specie arborea Malus Communis, cioè la nascita del melo.

I nostri progenitori che fino a 9 milioni di anni fa vivevano sul livello del mare furono gradualmente sollevati fino a trovarsi 7 milioni di anni fa in una grande vallata verde (Rift Valley), dove l’unica specie arborea in grado di resistere alle temperature più fresche fu il melo. Mentre gli alberi ad alto fusto tipici della foresta pluviale tropicale divennero prima a medio e poi a basso fusto (il melo), gli ominidi gradualmente scesero dagli alberi e svilupparono la postura eretta per nutrirsi dei frutti che pendevano e sostituirono la locomozione terricola a quella arboricola. L’acquisizione della postura eretta segnala precisamente la nascita della specie umana (uomo deriva dal greco “ano”= su e “anthreo”= guardo, cioè “guardante su”).

La specie umana nacque quindi in perfetta coevoluzione con il melo e per 5,2 milioni di anni visse in questa valle paradisiaca senza alcuna traccia di malattie, come confermano i resti fossili dell’epoca e con una longevità forse illimitata, ma sicuramente di molto superiore agli standard massimi attuali, dato il fenomeno del “buco fossile” (una quasi assenza di resti fossili umani datati a quel periodo). Non esistono nemmeno resti relativi a quel periodo, di oggetti atti ad offendere animali o persone, dato che l’ecosistema in cui eravamo inseriti non era altro che un grande e rigoglioso meleto sulla Rift Valley e nessuno era costretto a lavorare o cacciare in quanto per mangiare bastava alzare un braccio e afferrare un frutto.
Per 5,2 milioni di anni la specie umana visse perfettamente inserita in questo ecosistema per lei specie-specifico fino alla prima glaciazione moderna di 1,8 milioni di anni fa, che mutò drasticamente e repentinamente il nostro ecosistema e quindi la nostra stessa alimentazione, con effetti disastrosi sul nostro intero stile di vita. Poichè la vita è caratterizzata dalla dinamica nutrizionale che fa entrare delle unità strutturali e ne fa uscire delle altre (vita ha la stessa radice di “vitto”,”vivanda” e “viveri” che significano cibo), non sorprende che da una variazione alimentare si siano scatenati cambiamenti in tutti gli aspetti della vita di un’organismo, innescando tutta la devastante reazione a catena di problemi che caratterizzano anche le problematiche mondiali attuali:

● sviluppo di tutte le malattie ancora oggi esistenti, come confermato dai resti fossili che presentano segni di patologie solo a partire da 1,8 milioni di anni fa;

● abbassamento della vita media intorno ai 20 anni, che oggi sta rialzandosi a causa dell’aumentato consumo di frutta;

● nascita del lavoro obbligatorio e della suddivisione dei compiti;

● aumento demografico fino alla totale emergenza di oggi;

● inizio della distruzione dell’ecosistema ad opera dell’uomo.

Con le glaciazioni l’uomo si ritrovò quindi in un ecosistema che da radura divenne savana e non trovando più il suo cibo specie-specifico (la mela) fu costretto ad usare come “cibi” provvisori prima altri tipi di frutta e poi diverse componenti ecosistemiche come “verdure”, “semi” e “carne”e fu costretto a reperire disperatamente questi “cibi”, tramite il taglio e la raccolta delle verdure, la faticosa estrazione e raccolta dei semi e la estenuante caccia. Essendo però queste componenti ecosistemiche totalmente inadatte alla struttura digerente fruttivora della specie umana, fummo costretti a lavorare e ammorbidire tramite cottura e vari complicati e laboriosi procedimenti questi “cibi” fortemente tossici e altrimenti immangiabili dalla nostra specie.

Tutto ciò determinò la nascita della schiavitù del lavoro e la conseguente suddivisione dei compiti, con la donna che raccoglieva, preparava e cucinava le verdure e i semi, mentre l’uomo andava a caccia (sostituita oggi per l’uomo dall’andare “al lavoro”), ponendo le basi per lo sviluppo insostenibile di oggi basato sul depauperamento delle risorse e la devastazione ambientale. In altre parole la nostra non è altro che una società primitiva postglaciale formata da persone che hanno come unico obbiettivo quello di procurarsi un cibo totalmente inadatto alla propria specie, che le porta ad essere sempre più ammalate e quindi infelici.
A questo punto è interessante notare come la mela sia l’unico cibo che restò presente in continuità temporale tra le migliaia di variazioni alimentari a cui fummo sottoposti; mentre cioè siamo stati costretti a cambiare migliaia di “cibi” diversi, l’unico cibo che ha assolutamente sempre accompagnato l’uomo nelle sue variazioni ecosistemiche e alimentari è stato proprio la mela (come dimostrano chiaramente i reperti fossili del melo e della mela trovati sempre in corrispondenza degli insediamenti umani, dal sud dell’Egitto fino alla Svizzera e oltre verso nord), anche perchè il melo è l’unico albero da frutto capace di adattarsi sia ai climi caldi che ai climi freddi.

Analizzando poi i più antichi testi di tutte le culture dell’umanità (tutte concordano sul fatto che all’inizio dell’esistenza umana ci fu una “età dell’oro” in cui l’umanità viveva felice e libera da costrizioni e malattie) emergono similitudini sconcertanti tra le conoscenze moderne e quelle più antiche: il testo più diffuso al mondo, la Bibbia ci spiega che Dio creò l’uomo situandolo in un paradiso e sappiamo che la parola paradiso deriva dall’ebraico antico “pardes” che significa giardino degli alberi da frutta. Come confermato dalla paleoantropologia infatti i processi di ominazione avvennero in un frutteto sulla Rift Valley (ciò che la Bibbia chiama “la valle dell’Eden”).

Quando Dio ci parla della nostra alimentazione dice “mangerai da ogni albero (la frutta) e da ogni erba che produce seme”, sappiamo che per la botanica moderna l’erba che produce seme non sono altro che le spermatofite a struttura erbacea che producono la frutta ortaggio (come zucche, zucchine, pomodori, melanzane, cetrioli, peperoni ecc..) e conclude dicendo “ciò sarà il tuo cibo”. Più nello specifico sappiamo che il paradiso (frutteto) era composto di un solo tipo di albero da frutta: l’”albero della vita” che, come confermano gli studi ebraici più approfonditi, rivelano essere proprio il melo (vedasi il riferimento al giardino delle mele sante nei testi di Kabbalah).

Infatti Dio stesso nella Bibbia ci vietò di mangiare da un’ albero diverso, che era il simbolo di tutti gli alberi diversi dal melo, e cioè l’”albero della conoscenza del bene e del male”, che era il fico  (come rappresentato anche da Michelangelo nella cappella Sistina) e dopo averne mangiati i frutti, Adamo ed Eva si coprirono con le sue foglie perchè “da quel momento si accorsero di essere nudi” simboleggiando così l’arrivo della glaciazione e la conseguente necessità di vestirsi.
Solo per aver mangiato un frutto diverso dalla mela la specie umana venne”cacciata” dal paradiso    e fu costretta a reperire faticosamente e disperatamente il suo “cibo” come espresso chiaramente  dalla frase “d’ora in poi estrarrai il cibo dalla terra con il sudore della fronte”.

La Bibbia quindi ci spiega come all’interno del paradiso non esistevano guerre o malattie, nè lavoro o costrizioni, mentre Adamo ed Eva vivevano da immortali (secondo la Genesi vissero in paradiso fino a 900 anni e dopo la “cacciata” dal paradiso, quando furono forzatamente costretti a cambiare alimentazione, vissero disperatamente solo per altri 50 anni, morendo cioè a circa 950 anni), persino la frase “donna, da ora partorirai con dolore” stupisce per la precisione scientifica, dato che nelle donne fruttariane ma sopratutto melariane qualsiasi dolore preparto o di doglie sparisce totalmente.

L’Apocalisse termina spiegando come l’umanità dovrà tornare nel paradiso in cui era stata posta all’inizio della sua esistenza felice. Vediamo così come nonostante le prospettive diverse le conoscenze moderne e quelle più antiche vadano nella stessa direzione.

di Nicolas Cavallucci da informarexresistere.fr - 13 aprile 2014