Home page‎ > ‎Diritto e letteratura‎ > ‎

Spirale silenzio

Lenin diceva che quando riesci a togliere all'avversario la volontà di lottare, hai già vinto lo scontro. Ma, nelle moderne condizioni di “guerra asimmetrica”, controllare l’opinione pubblica è diventato ancora più decisivo che vincere in campo militare. La regola leninista si converte quindi in modo automatico nella tecnica della “spirale del silenzio”: si tratta di estinguere, nell’anima del nemico, non solo la sua disposizione guerriera, ma perfino la sua volontà di argomentare in propria difesa, di annullare perfino il suo mero impulso di dire qualche timida parolina contro il suo aggressore.

Il modo per raggiungere questo obiettivo è laborioso e caro, però semplice nella sua essenza: si tratta di attaccare l’onore del poveretto da così tanti lati, per tanti mezzi di comunicazione così diversi e con una tale varietà di accuse contraddittorie, con frequenza di proposito assurda e farsesca, che il poveretto, sentendo impossibile un dibattito pulito, finisce per preferire raccogliersi in silenzio. In questo medesimo istante diventa politicamente defunto.

Alexis de Tocqueville. Si deve a lui la prima formulazione della teoria della “spirale del silenzio”, che, in una estesa ricerca sul comportamento della opinione pubblica in Germania, Elizabeth Noëlle-Neumann confermò integralmente nel suo The Spiral of Silence: Public Opinion, Our Social Skin (2ª. ed., The University of Chicago Press, 1993). Zittirsi davanti all’attaccante disonesto è un comportamento ugualmente suicida quanto tentare di ribattere le sue accuse in termini “elevati”, conferendo a quel disonesto una dignità che non possiede. Le due cose precipitano direttamente nella voragine della “spirale del silenzio”.

Il sudiciume, la viltà stessa di certi attacchi sono pianificati per mettere in imbarazzo la vittima, instillandole il rifiuto di coinvolgersi in discussioni che le suonano degradanti e forzandola così, sia al silenzio, sia a una ostentazione di fredda eleganza superiore che non può non apparire come un camuffamento improvvisato di un dolore insopportabile e, quindi, una confessione di sconfitta. Non si può parare un assalto rifiutandosi di avvicinare un dito alla persona dell’assaltante o dimostrandogli, in modo educato, che il Codice Penale proibirebbe quello che sta facendo.

L’unica reazione efficace alla spirale del silenzio è romperla – e non si può farlo senza rompere, insieme ad essa, l’immagine di rispettabilità di coloro che l’hanno fabbricata. Ma come smascherare una falsa rispettabilità in modo rispettabile? Come denunciare la malizia, l’inganno, la menzogna, il crimine, senza andare oltre le frontiere del mero “dibattito di idee”? Chi commette crimini non sono le idee, sono le persone. Nulla favorisce di più l’impero del male della paura di partire per “l’attacco personale” quando questo è assolutamente necessario.

Aristotele insegnava che non si può dibattere con chi non riconosce – o non segue – le regole della ricerca della verità. Coloro che vogliono mantenere un “dialogo elevato” con criminali diventano imbellettatori del crimine. Sono questi i primi che, nell’impossibilità di un dibattito onesto, e con la paura di cadere nel peccato dell’ “attacco personale”, si rifugiano in quello che credono un onorato silenzio, consegnando il terreno al nemico. La tecnica della spirale del silenzio consiste nell' indurre esattamente a questo.
DA corrieredabruzzo.it