I romanzieri sono veri eroi Buon pomeriggio, classe del 2012. Oggi per voi è un giorno molto importante, ed è per me una gioia e un onore essere qui a condividerlo. Vorrei cominciare raccontandovi un aneddoto su mio padre, che era un grande appassionato di fai da te. Un giorno, quando aveva settant'anni, era sul tetto di casa nostra a fare qualcosa, forse pulire le grondaie o ricostruire il camino, e cadde. Atterrò di schiena quattro metri e mezzo più in basso. Misteriosamente, riuscì a non rompersi nulla, ma picchiò la testa così forte che della caduta non gli rimase alcun ricordo. Di punto in bianco si ritrovò al pronto soccorso, con un pezzetto di vita scomparso. Dopo, il suo commento fu: "Uno può morire senza nemmeno rendersene conto" Mi sembrò di capire cosa intendesse: un attimo prima sei lì che lavori su un tetto, e quello dopo... be', davvero assurdo, ma l'attimo dopo non esiste. Essere vivi significa avanzare nel tempo; la percezione che abbiamo della nostra identità nasce dalle storie che ricordiamo su noi stessi, ed essere morti significa non poterne ricordare nessuna. Ma non capii realmente di cosa stesse parlando fino a un paio d'anni fa, quando mi sottoposi a un piccolo intervento chirurgico e mi anestetizzarono con il propofol, il farmaco che piaceva tanto a Michael Jackson. Con la giusta dose di propofol, uno rimane sveglio ma non ricorda di essere stato sveglio un secondo prima. Può capitarti di provare del dolore, ma siccome un attimo dopo quel dolore non lo ricordi, è come se non l'avessi mai provato. L'anestesiologo mi fece contare alla rovescia partendo da cinque. Arrivato al tre, di colpo mi prese il terrore di perdere i sensi. Il ricordo successivo è quello di qualcuno che mi offre una ciambella in sala post-operatoria. Il mio primo pensiero fu: "Oddio, che farmaco fantastico!" Avevo sperimentato il carattere atemporale della morte, potendo assaporarne la sensazione a posteriori perché ero ancora vivo. Il propofol - quando non te lo somministra in salotto un medico un po' losco - mi sembra un esempio di nuova tecnologia molto valida. Sinceramente non vedo l'ora di fare la mia prossima colonscopia. Ma l'idea che oggi vorrei proporre a tutti voi è che molte altre nuove tecnologie siano altrettanto anestetiche e non così benefiche come il propofol. La domanda su cui vorrei che tutti rifletteste, oggi che vi imbarcate ufficialmente nella vita adulta, è quale possa essere il significato di alcune vite. Gli eroi-simbolo di questo momento storico sono i tecno-imprenditori: Steve Jobs, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos. Un po' triste, non vi pare? Un gruppetto di uomini bianchi notoriamente non simpaticissimi che riesce a diventare molto ricco e molto famoso, mentre il restante 99,99 percento di noi continua a rispettare le regole e sforzarsi di trattare decentemente il suo prossimo, e nel frattempo non può evitare di arricchire ancor di più questi signori bianchi privi di scrupoli usando i loro prodotti. Il sogno di Steve Jobs era quello di creare una tecnologia così accattivante che nessun essere umano sulla terra potesse pensare di farne a meno. Voi lavorate con i vostri iMac, leggete i blog e guardate la tv sull'iPad, scattate fotografie e le spedite ai vostri amici con l'iPhone, andate a correre con l'iPod e poi lo collegate a quella specie di orologio che vi aiuta ad addormentarvi. E a Steve Jobs le cose sono andate alla grande. La sua vita si è rivelata una storia autentica, potete leggerla in quel libro con la sua faccia in copertina. Non sto dicendo che sia impossibile costruire la propria storia mentre si usa la tecnologia Apple. Usando un iMac potete fare ottime cose nel campo dell'agricoltura sostenibile; potete scambiarvi sms via iPhone con la persona che finirete per sposare. Ma i nostri nuovi giocattoli hanno un insidioso modo di imporsi, di diventare un fine in sé, al punto che oggi la storia della nostra cultura sembra riassumersi interamente nelle tecnologie per il consumo di massa. E pazienza se esistono regimi corrotti, pazienza se gli schieramenti geopolitici cambiano: la Primavera araba ha fatto appena in tempo a cominciare, prima che Twitter la trasformasse in un'unica, enorme pubblicità di Twitter. Oggi la tecnologia domina l'informazione finanziaria, sempre più spesso l'informazione politica e artistica, e indubbiamente anche la nostra vita quotidiana. Ciò nonostante, possedere la tecnologia non significa possedere la propria storia. È anzi l'esatto contrario: significa possedere la stessa storia di chiunque altro, che è come dire non possederne una, perlomeno non una personale, con un significato che valga soltanto per se stessi. Quando qualcuno comincia una frase con le parole "Ho un nuovo..." e la conclude con "fidanzato", io non vedo l'ora di sentire il resto. "Ho un nuovo interesse", "Ho un nuovo lavoro", "Ho una nuova teoria sulla politica americana": queste sono cose che mi interessano. Ma quando qualcuno mi dice: "Ho un nuovo smartphone", io mi tappo le orecchie, perché quella è una storia sempre identica a se stessa, e appartiene già ai tecno-imprenditori. I miei eroi personali sono due scrittori, Don DeLillo e Alice Munro. Entrambi hanno dedicato tutta la vita a creare storie, tentando di trovare un senso nel mondo e nelle loro esistenze. Per me sono loro gli individui reali, e dunque i più reali tra gli esseri umani, perché è pur vero che l'homo sapiens non ha pari nel costruire utensili, ma ciò che più profondamente ci distingue dagli altri animali è la capacità di assemblare, integrare e comunicare i nostri ricordi. Siamo, in ogni senso, animali raccontastorie. L'intuizione centrale che permea l'opera di Don DeLillo è che il mondo sia ormai così affollato che l'identità individuale va smarrendosi nell'identità di massa. Per DeLillo, scrivere romanzi è un modo per affrancarsi da questa identità di massa. Leggere i suoi libri vuol dire sottrarsi all'appartenenza alla folla, e ricordarsi che siamo individui a nostra volta. Alice Munro è la più grande autrice di racconti vivente, e la particolarità dei racconti è che funzionano soltanto se parlano di un momento-chiave nella vita di un personaggio. Una decisione, un'opportunità colta o lasciata sfuggire, un tradimento, un impegno preso; ed è questo momento a determinare ciò che il personaggio è: non una qualsiasi tra le tante persone possibili, ma quell'individuo in particolare. Con i suoi racconti, Munro mi spinge sempre a riflettere sulla mia vita: sulle cose che ho fatto e non ho fatto, su ciò che di buono e di cattivo c'è in me, sulla prospettiva della morte. Mi fa riflettere, in altre parole, sul significato. E dunque ricordo i suoi racconti come se li avessi vissuti in prima persona. Il che è anche, e non a caso, ciò che differenzia l'arte dalla tecnologia. La tecnologia, nel migliore dei casi, è un utile strumento; nel peggiore, uno stile di vita che costringe a conformarsi. L'arte, invece, apre le porte dell'interiorità. Non sto dicendo che dovete per forza leggere Munro e DeLillo anche se non ne avete voglia; esistono altri modi per trovare il proprio significato. Ma un giorno le vostre vite finiranno, e ciò che desidero per ciascuno di voi è che diventi un individuo specifico finché è in grado di ricordarsene. Comprendo bene - credetemi - quanto il mondo di oggi possa sembrare spaventoso e fuori da ogni controllo, e quanto forte sia la tentazione di staccarsene, dimenticare i mutamenti climatici, i livelli di disoccupazione, i costi della sanità, l'iniqua distribuzione del reddito, gli arsenali termonucleari, le spese folli della politica, gli aerei-spia e il bilancio dello stato della California. Comprendo quanto sia rassicurante appartenere a una folla, fare quello che fanno tutti, piegarsi alle logiche della tecnologia o del mercato, lasciarsi trascinare. Anche quello, come il propofol, è un modo come un altro per rimanere svegli senza ricordare di esserlo stati. Non avrete ricordi delle ore trascorse a confrontare le applicazioni dell'iPhone o a leggere i feed di Twitter o a personalizzare la vostra pagina Facebook; quelle ore scompariranno dalla vostra vita così come quel tragitto verso il pronto soccorso scomparve dalla vita di mio padre. Le ore che ricorderete sono quelle del dolore, della gioia, delle scelte difficili, del coinvolgimento e delle separazioni, quelle in cui non sarete stati come tutti gli altri; e il vostro compito come esseri umani sarà quello di integrare questi ricordi in una narrazione unica, che possa aiutarvi a decidere come proseguire nella vostra vita. Un'eternità simil-propofol vi attende in ogni caso. La possibilità di ricordare, e di diventare esseri umani, ce l'avete ora. Grazie. (© 2012 by Jonathan Franzen, in accordo con Luigi Bernabò Associates. Traduzione di Matteo Colombo) Il libro in uscita Di Jonathan Franzen, dopo i romanzi Le correzioni e Libertà, arriverà il 30 ottobre la raccolta di saggi Più lontano ancora (Einaudi, trad. di Silvia Pareschi, 20 euro, pp. 300). Nelle sue pagine scrive di amore e tecno consumismo, della caccia illegale agli uccelli e del viaggio in Cile per dimenticare la morte dell'amico Foster Wallace. Il testo di queste pagine è inedito ed è stato letto lo scorso giugno agli studenti della Cowell University di Santa Cruz. |
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